Nel linguaggio della visione, per spazio negativo si intende uno spazio vuoto e privo di contenuti. Uno spazio che come ci è stato insegnato, serve all’occhio per “respirare” e che permette di focalizzare l’attenzione in maniera univoca sul soggetto significante della rappresentazione.
Lo spazio negativo è indispensabile in una buona composizione visiva (grafica, pittorica o fotografica) e l’equilibrio che si crea tra gli spazi pieni e gli spazi vuoti è la misura con cui si può valutare un lavoro svolto da mani sapienti oppure inesperte.
Chi ha poca esperienza infatti, tende a soffrire del così detto “horror vacui”, ovvero la paura che lo spazio lasciato vuoto possa essere interpretato come mancanza di idee. E così ci troveremo di fronte a immagini costipate, soffocanti, per certi versi infernali (che andrebbero bene solo se avessimo l’obiettivo di catapultare l’utente in un girone dantesco).
Esiste un trucco per dominare lo spazio negativo e ristabilire il giusto equilibrio con quello positivo: si chiama gabbia grafica. La gabbia grafica è quello schema che definisce gli spazi in cui andranno a collocarsi i contenuti della composizione visiva: testo, immagini, spazi pieni, spazi vuoti. Un piccolo paradigma che garantisce chiarezza e ordine e che è sempre un buon punto di partenza anche per chi, dopo anni di mestiere, i vincoli è abituato a spezzarli.
Che lo spazio negativo sia sempre privo di contenuti, però non deve essere dato per scontato. Infatti, nella grafica, siamo stati abituati fin da bambini a ritrovare con sorpresa ammirazione, significati più o meno nascosti anche negli spazi così detti vuoti (basterà come esempio ricordare il ritratto in bianco e nero della giovane signora che può essere riletto per dar vita al volto di una vecchia befana – non mi dite che lo avete dimenticato perchè per un bambino è sempre un’immagine inquietante!).
Stessa cosa dicasi per il logo design, in cui lo spazio negativo rivelatore di un secondo significato è ormai un must. La scoperta del secondo significato in un logo può addirittura provocare effetti virali sulla diffusione di un brand (A-Style), ma senza aspirare a questi livelli, aggiunge un effetto sorpresa che contribuisce a renderlo memorabile.
Ecco alcuni suggerimenti per utilizzare al meglio lo spazio negativo nella rappresentazione di un logo:
- definite il primo significante: delineate un soggetto principale;
- nascondete mostrando: costruite il soggetto nascosto come integrazione del soggetto principale;
- testate il colpo d’occhio: il soggetto significante deve rivelarsi per primo e catturare l’attenzione;
- testate l’effetto sorpresa: il secondo significante deve manifestarsi solo dopo il primo significante;
- siate stimolanti: non rendete le cose troppo facili, alimentate la curiosità.
In tutto questo, a costo di essere ripetitiva, un’ultima regola: less is more. Fatevi affascinare dai tratti semplici e dalle forme essenziali. Sarete vincenti.
Se siete interessati ad alcuni esempi di utilizzo dello spazio negativo, potete guardare le illustrazioni di altissimo livello di Noma Bar.